Le fiamme, il buio, la concitazione, grida d’aiuto coperte dalle urla dei soccorritori: ‘Presto, aprite l’acqua, ci sono persone che stanno bruciando’. Le immagini postate mille volte sui social della Striscia mostrano il risultato letale dell’attacco dell’Idf sull’ex scuola Fahmi Aljarjaoui di Gaza city, trasformata in rifugio per gli sfollati della guerra. Secondo le autorità di Hamas le vittime sono 36, stando ai civili che si sono salvati ci sono 31 morti.
Le informazioni sono frammentarie: per alcuni i rifugiati erano dentro l’edificio, secondo altri account social a uccidere è stato un incendio partito da esplosivo nascosto e colpito dalle bombe, che si è esteso alle tende per gli accampati all’esterno. I soccorritori hanno raccontato che alcuni dei corpi recuperati erano carbonizzati, aprendo così un’altra giornata di lutto a Gaza. E di attesa nel terrore, dopo che l’Idf ha comunicato il via a un attacco senza precedenti a Khan Younis.
Con il passare delle ore, un’altra notizia ha preso corpo nei messaggi tra gli sfollati e in Israele. Annunci di una tregua vicina sono volati dalla mattina di lunedì tra l’enclave, Beirut, Doha e Washington. La nebbia delle indiscrezioni si è sollevata con la dichiarazione di un alto funzionario di Hamas secondo cui l’organizzazione fondamentalista, dopo mesi, ha accettato il piano Witkoff per arrivare alla tregua.
Ma la speranza dei gazawi e delle famiglie dei rapiti è durata davvero pochi minuti. A fare ordine ci ha pensato l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff che ha smentito l’annuncio. “Quello che ho sentito finora da Hamas è stato deludente e del tutto inaccettabile. Israele ha accettato la mia proposta di cessate il fuoco. C’è un accordo sul tavolo e Hamas dovrebbe accettarlo”, ha dichiarato al corrispondente di Walla.
Un diplomatico ha commentato amaramente: “Hamas sta cercando di dipingere Israele come la parte riluttante”. Nei fatti il gruppo, ormai senza leader sul campo, ha presentato settimane fa un piano che prevede il rilascio di dieci ostaggi in due tranche nell’arco di un cessate il fuoco di 70 giorni: ma questo non è lo schema originale dell’inviato Usa, con cui Israele è d’accordo.
Lunedì mattina intanto la tv libanese Al-Mayadeen, vicina a Hezbollah, ha riferito le parole di un alto funzionario palestinese secondo cui Hamas e Israele stanno esaminando un documento presentato dal mediatore e uomo d’affari palestinese-americano Bishara Bahabah.
Lo stesso che ha negoziato il rilascio del rapito americano Idan Alexander (e in passato gli accordi di Oslo). Il documento, ricevuto dagli israeliani durante la notte, avrebbe avuto l’approvazione di Witkoff. Una delle condizioni più importanti per Hamas è ricevere garanzie americane sulla fine della guerra. Note ufficiali su questa parte dei diversi ‘schemi di tregua’ circolati non ce ne sono.
In serata il primo ministro Benyamin Netanyahu ha postato un video che sembrava inequivocabilmente ottimista: “Spero che sia possibile fare un annuncio sugli ostaggi oggi o domani”, ha detto. Subito dopo il suo ufficio ha chiarito però che ‘oggi o domani’ è un modo di dire, non una data esatta.
Nel frattempo, la giornata avrebbe dovuto essere di festa in Israele, con la cerimonia per il Giorno di Gerusalemme, che celebra i 58 anni della riunificazione della Città Santa. Invece, come hanno accusato i leader dell’opposizione Yair Lapid e Yair Golan, nei vicoli millenari è stato “il giorno del razzismo e dell’odio”. Decine di adolescenti ultranazionalisti, sostenitori del ministro di estrema destra Itamar Ben Gvir, hanno aggredito commercianti e residenti musulmani della Città Vecchia, preso a calci negozi, urlato insulti, sputato sui passanti e intonato cori: “Possa il tuo villaggio bruciare” e “morte agli arabi”.
La tensione è stata per tutto il giorno il leit motiv anche nei corridoi degli uffici politici, con i media locali che hanno fatto sapere dell’avvertimento del ministro Ron Dermer, il più vicino a Bibi, ai ministri degli Esteri di Parigi e Londra sulla linea rossa del governo: se riconosceranno con decisione unilaterale lo Stato di Palestina, Gerusalemme si riterrà autorizzata ad annettere, con altrettanta decisione unilaterale, l’area C della Cisgiordania.
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